Una deroga, larghissima se non totale, alle Regioni in materia di caccia a meno di due mesi dalle elezioni regionali è ciò che il governo e la sua maggioranza hanno confezionato.
Una deroga che riguarda tutto, calendari e specie. Se si pensa che lo strappo avviene con un emendamento alla legge comunitaria, cioè quella che recepisce le norme europee, viene alla luce un altro degli elementi abnormi che hanno prodotto per il nostro Paese il record delle infrazioni alle regole comunitarie e che con provvedimenti come questo è destinato a crescere. La salvaguardia delle specie animali è considerata così importante dall’Europa dall’averle dedicato un campo di direttive appropriate.
L’Italia è rimasta per lungo tempo fuori da questa tendenza legislativa.
Poi, finalmente, si arrivò alla legge di riforma dell’attività venatoria la 157 di fine anni ottanta. Prima di quel testo c’era stato un referendum sulla caccia, abbinato a quello sui pesticidi, che aveva inaugurato la serie di quelli per i quali non sarebbe scattato il quorum ma che pure aveva visto deporre nell’urna 18 milioni di si alla riforma. Riforma che nonostante il referendum mancato si fece con una partecipazione larga di forze di tutti i mondi coinvolti, da quello venatorio, a quello ambientalista, a quello agricolo. Una legge fortemente voluta allora dal Pci che pure era stato attraversato da un conflitto durissimo sulla caccia. Una legge buona ed innovativa che lega la attività venatoria ai territori e ai cicli naturali, in coincidenza con le norme europee. Una legge che fa quadro con la contemporanea legge quadro sui parchi, la 394, che anch’essa richiama l’indicazione europea per una larga protezione del territorio. Un quadro che doveva dare stabilità e positività alle politiche. E che in gran parte lo ha fatto consentendo una politica di dialogo e di certezze con la pressocchè scomparsa , non a caso, dei fenomeni di liste elettorali locali di ispirazione venatoria.
Purtroppo le spinte corporative che prima si erano messe in campo per impedire che si approvassero le riforme, dopo il loro varo hanno comiciato a riorganizzarsi trovando nel sabotaggio di quel quadro il loro terreno di rivincita. Nella impossibilità di lavorare ad una abrogazione totale si è individuato un altro terreno subdolo e cioè quello delle deroghe, motivato con un cattivo senso del regionalismo. Ci si è mossi prima in ambiti limitati cercando di non creare troppi conflitti con l’Europa. Ma poi si è tracimato fino all’attuale provvedimento per altro preceduto da strappi regionali su cui si erano appuntati gli strali di Bruxelles. La novità è che il fronte vandeiano era riuscito a conquistare Parigi grazie al governo Berlusconi. Naturalmente non sono mancate defaillances nel campo progressista, ma questo strappo finale va ben oltre. Uno strappo che però avrà l’effetto di riaprire conflitti diffusi e di minare quel clima di cooperazione che si era stabilito con la 157 e che aveva avuto esiti benefici per tutti i soggetti in campo, compresi quelli del mondo venatorio, oltreché per la vita delle specie animali e dell’ambiente che è la cosa più importante. E che moltiplicherà il contenzioso comunitario.
E’ questo valore generale, per tutti, della riforma di allora che va ribadito contrastando ogni tentazione demagogica e ogni subalternità alla demagogia. Sarebbe bene che ciò fosse affermato con chiarezza anche nelle prossime elezioni regionali contrastando con chiarezza e nettezza questo provvedimento di deleterio elettoralismo.
* coordinamento nazionale Sinistra Ecologia Libertà
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